Grazie alla collaborazione con il Digital Innovation Hub Piemonte e Valle D'Aosta, vi proponiamo una selezione di notizie e articoli sui temi della digitalizzazione delle imprese, con l'obiettivo di offrirvi contenuti sempre aggiornati e di alta qualità su queste tematiche strategiche. Oggi vi proponiamo un interessante articolo intitolato "CSRD, CS3D e nuove direttive UE sulla sostenibilità: guida completa per le Aziende", scritto da Elena Di Donato. Ecco tutti i dettagli:
CSRD, CS3D e nuove direttive UE sulla sostenibilità: guida completa per le Aziende
Le normative sul tema della Sostenibilità stanno cambiando: non conoscevo neanche i contenuti di quelle precedenti, ora sento parlare di riforme a diversi eventi e leggo post su Linkedin che fanno riferimento a strani acronimi, cosa devo fare?
Se acronimi come CSRD, CS3D o termini come “Riforma Omnibus” ti suonano nuovi e complessi, questo articolo è la tua guida per fare chiarezza. Approfondiremo queste direttive europee sulla sostenibilità che impattano tutte le aziende produttive e di servizi in Italia, aiutandoti a capire cosa devi fare.
Il 12 Marzo 2025 si è tenuto il secondo Tavolo di Lavoro della Community dei Partner del DIHP sul tema Sostenibilità Digitale. Il titolo del tavolo di lavoro era “I WHY della Sostenibilità”.
In particolare le 3 domande a cui i partner hanno cercato di rispondere in questa attività sono legate ai 3 Perché della Sostenibilità:
Nel precedente articolo della serie “Il Puzzle di Sostenibilità” ha esplorato la domanda del mercato. . In questo articolo cercheremo invece di fare chiarezza sulle modifiche che il quadro normativo europeo e italiano ha subito proprio in questi ultimi mesi. Si sentono infatti, pareri discordanti sul pacchetto di riforme che sta interessando il mondo della sostenibilità in Europa. Alcune aziende non sanno ancora a cosa ci si riferisce quando si parla di CSRD e CS3D, altre invece ne hanno una conoscenza basata su informazioni sentite a eventi e/o lette su newsletter e non hanno quindi una chiara posizione in merito alle riforme sul tema.
Durante gli ultimi Tavoli di Lavoro, il DIHP e i partner tecnologici si sono confrontati sulle due direttive europee in tema di sostenibilità che l’Italia ha già recepito un paio di anni fa e che hanno già avuto ricadute importanti sul territorio.
Pur richiedendo ognuna trattazioni molto ampie, ci focalizzeremo qui sulle implicazioni pratiche.
La CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) è la direttiva che ha introdotto l’obbligo per molte aziende di redigere un Bilancio di Sostenibilità: le grandi aziende lo stanno già facendo da anni e probabilmente se siete una PMI vi è già capitato di ricevere richieste di informazioni sui vostri consumi ed emissioni da clienti e fornitori più grandi che ne hanno bisogno per inserirle nei propri report di sostenibilità. Secondo quanto scritto su questa normativa, tutte le aziende indipendentemente dalla dimensione avrebbero dovuto produrre una reportistica di questo tipo entro il 2028. Le informazioni pubblicate su tali report avrebbero dovuto essere certificate da revisori esterni esattamente come capita per i bilanci finanziari con i revisori dei conti.
Prima di tutto chiariamo che cos’è effettivamente un Bilancio di Sostenibilità. Consiglio di guardarne uno su Google per vedere con i propri occhi cosa viene richiesto concretamente dalla CSRD originale. È giusto sottolineare il parallelismo tra il Bilancio di Sostenibilità e quello finanziario che tutti ben conosciamo. Il CFO, l’ufficio accounting e il commercialista sanno giustamente collocare ogni investimento e progetto aziendale sui conti economici e stati patrimoniali di un’azienda. Tutti conosciamo infatti molto bene il linguaggio finanziario che permette la valorizzazione economica di un investimento: la “Lingua dei costi e ricavi, passività e attività” la conosciamo bene tutti. Ciò che invece si conosce molto meno è il linguaggio che sta alla base di un Bilancio di Sostenibilità, dove oltre alla valorizzazione economica di un progetto, si fa anche quella ambientale e sociale. Quando si installa un nuovo ERP o MES in azienda, il suo impatto economico è ben noto, ma il suo impatto ambientale o sociale lo sono altrettanto? La risposta è NO. Il primo è valorizzato in euro, il secondo?
Come si può vedere nella figura sottostante tra gli obiettivi di un buon bilancio finanziario ci sono l’utile e la positività dei flussi di cassa, mentre in un bilancio di sostenibilità quando si parla di obiettivi si intendono gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030.
A forza di parlare con i commercialisti molte PMI sanno che esistono diverse riclassificazioni del proprio conto economico, ma quasi nessuna conosce invece la struttura di un bilancio di sostenibilità. Lo standard di rendicontazione più diffuso al mondo per la rendicontazione di sostenibilità è il GRI, Global Reporting Initiative, che è quello che vedrete usato sulle reportistiche che potete trovare sui siti di ogni grande azienda nella sezione dedicata alla sostenibilità.
Con la CSRD invece, avrebbe dovuto adottare un nuovo standard di rendicontazione, definito dal gruppo EFRAG, come ESRS, European Sustainability Reporting Standards. È facile pensare che soprattutto per le PMI, la redazione di una reportistica di sostenibilità avrebbe potuto tradursi solamente in costi aggiuntivi, in termini di formazione per il personale, consulenti esterni, revisori e tanto stress e burocrazia per far fronte a 12 standard ESRS, ognuno di questi associato a 15-20 requisiti di divulgazione. Gli ESRS infatti, definiscono la struttura di un bilancio di sostenibilità e delineano la tipologia e mole di informazioni che vanno riportate su esso, permettendo di creare un documento super completo che mostra il valore a 360° di un’impresa.
I 12 ESRS si dividono in:
La Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D), ufficialmente nota come Direttiva (UE) 2024/1760, è una normativa europea adottata nel 2024 che sposta il focus dagli impatti ambientali e sociali della singola azienda a quello dell’intera filiera. Mentre la CSRD definiva uno standard di rendicontazione degli impatti positivi e negativi aziendali, questa direttiva si estende non solo alle attività dirette dell’azienda, ma anche alle sue controllate e ai partner commerciali nella catena del valore, sia a monte che a valle. Di preciso, impone azioni concrete per gestire e mitigare gli impatti negativi.
Il 26 Febbraio 2025 sul sito ufficiale dell’Unione Europea viene pubblicato il testo di un pool di riforme a queste normative chiamato Pacchetto Omnibus che ha generato dibattito. Alcuni l’hanno definito come un passo indietro dell’UE in termini di rendicontazione di sostenibilità, in termini di standardizzazione e validità delle informazioni sulla sostenibilità fornite da un’azienda. Per altri è stato invece un sollievo e per altri ancora un nuovo nome senza un significato concreto.
Questo pacchetto di riforme ha alzato l’asticella delle aziende interessate da queste normative, lasciando l’obbligo rendicontativo solo alle aziende con più di 1000 dipendenti e limitando anche le informazioni che queste ultime possono chiedere ai loro fornitori. Rimane ovviamente la possibilità di redigere dei report di sostenibilità anche per le imprese più piccole, ma usando un framework molto più snello che non è quello degli ESRS, ma dei VSME, che non include 12 standard, ma uno soltanto con molte meno richieste di divulgazione.
Mettiamo nero su bianco pro e contro di queste normative e relative riforme.
PRO:
CRITICITÀ (mitigate in parte da Omnibus):
Il pacchetto Omnibus rappresenta un tentativo di bilanciare le esigenze di competitività delle imprese europee con gli ambiziosi obiettivi di sostenibilità dell’UE. Non è infatti un pacchetto di riforme stand alone, ma è inserito in un piano strategico europeo pubblicato il 29 gennaio 2025, chiamato Bussola per la Competitività. Tale piano è stato lanciato dalla UE a fronte dei forti cambiamenti geopolitici degli ultimi mesi per supportare la competitività delle imprese europee, non facendo pesare temi che devono essere alla base della creazione di un vantaggio competitivo, come la sostenibilità, sul costo dei prodotti forniti al mercato. Ciò genererebbe infatti l’effetto contrario, significherebbe non essere competitivi rispetto i prodotti del resto del mondo.
Questo piano si struttura su 3 aree di intervento:
Inoltre, sono presenti 5 attivatori trasversali, tra cui la semplificazione degli oneri normativi e amministrativi, tra questi attivatori è classificato il Pacchetto Omnibus. Ciò dimostra che quest’ultimo è stato creato per semplificare e aumentare l’accessibilità della CSRD e della CS3D, in modo che possano portare benefici concreti alle aziende che le adottano volontariamente, permettendo loro di affermarsi sul mercato e non di vedere i propri costi di produzione aumentare ulteriormente.
Il vantaggio competitivo di domani si inizia a costruire oggi, fai come i partner del DIHP, informati e cogli le opportunità del Puzzle di Sostenibilità!
Costruisci un vantaggio competitivo sostenibile.
Articolo di: Elena Di Donato
Il DIHP e la partecipazione di Unione Industriale Biellese
Il Digital Innovation Hub Piemonte e Valle D'Aosta (DIHP) è un "centro di trasferimento tecnologico" creato per supportare la trasformazione digitale delle imprese delle due regioni, in particolare le PMI, e la Pubblica Amministrazione. L'obiettivo è aumentare la consapevolezza e la comprensione delle sfide digitali, guidando le aziende nell'elaborazione dei loro piani di digitalizzazione e fornendo servizi di mentoring e supporto. Collaborano con università, centri di ricerca e aziende leader per promuovere l'innovazione tecnologica. L' Unione Industriale Biellese partecipa al DIHP offrendo supporto alle aziende locali per avviare strategie di digitalizzazione, accedere a finanziamenti e migliorare la loro maturità digitale attraverso valutazioni e consulenze specializzate.
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