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Digitalizzazione - News - 09/07/2025

CSRD, CS3D e nuove direttive UE sulla sostenibilità: guida completa per le Aziende

In collaborazione con Digital Innovation Hub Piemonte e Valle D'Aosta

 

Grazie alla collaborazione con il Digital Innovation Hub Piemonte e Valle D'Aosta, vi proponiamo una selezione di notizie e articoli sui temi della digitalizzazione delle imprese, con l'obiettivo di offrirvi contenuti sempre aggiornati e di alta qualità su queste tematiche strategiche. Oggi vi proponiamo un interessante articolo intitolato "CSRD, CS3D e nuove direttive UE sulla sostenibilità: guida completa per le Aziende", scritto da Elena Di Donato. Ecco tutti i dettagli:

 

CSRD, CS3D e nuove direttive UE sulla sostenibilità: guida completa per le Aziende

Le normative sul tema della Sostenibilità stanno cambiando: non conoscevo neanche i contenuti di quelle precedenti, ora sento parlare di riforme a diversi eventi e leggo post su Linkedin che fanno riferimento a strani acronimi, cosa devo fare?

Se acronimi come CSRD, CS3D o termini come “Riforma Omnibus” ti suonano nuovi e complessi, questo articolo è la tua guida per fare chiarezza. Approfondiremo queste direttive europee sulla sostenibilità che impattano tutte le aziende produttive e di servizi in Italia, aiutandoti a capire cosa devi fare. 

Il 12 Marzo 2025 si è tenuto il secondo Tavolo di Lavoro della Community dei Partner del DIHP sul tema Sostenibilità Digitale. Il titolo del tavolo di lavoro era “I WHY della Sostenibilità”. 

In particolare le 3 domande a cui i partner hanno cercato di rispondere in questa attività sono legate ai 3 Perché della Sostenibilità: 

Nel precedente articolo della serie “Il Puzzle di Sostenibilità” ha esplorato la domanda del mercato. . In questo articolo cercheremo invece di fare chiarezza sulle modifiche che il quadro normativo europeo e italiano ha subito proprio in questi ultimi mesi. Si sentono infatti, pareri discordanti sul pacchetto di riforme che sta interessando il mondo della sostenibilità in Europa. Alcune aziende non sanno ancora a cosa ci si riferisce quando si parla di CSRD e CS3D, altre invece ne hanno una conoscenza basata su informazioni sentite a eventi e/o lette su newsletter e non hanno quindi una chiara posizione in merito alle riforme sul tema.

 

Decodificare la sostenibilità: cosa significano CSRD, CS3D e gli standard ESRS 

Durante gli ultimi Tavoli di Lavoro, il DIHP e i partner tecnologici si sono confrontati sulle due direttive europee in tema di sostenibilità che l’Italia ha già recepito un paio di anni fa e che hanno già avuto ricadute importanti sul territorio. 

Pur richiedendo ognuna trattazioni molto ampie, ci focalizzeremo qui sulle implicazioni pratiche.

 

CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive): obblighi di bilancio e reporting ESG per le aziende

La CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) è la direttiva che ha introdotto l’obbligo per molte aziende di redigere un Bilancio di Sostenibilità: le grandi aziende lo stanno già facendo da anni e probabilmente se siete una PMI vi è già capitato di ricevere richieste di informazioni sui vostri consumi ed emissioni da clienti e fornitori più grandi che ne hanno bisogno per inserirle nei propri report di sostenibilità. Secondo quanto scritto su questa normativa, tutte le aziende indipendentemente dalla dimensione avrebbero dovuto produrre una reportistica di questo tipo entro il 2028. Le informazioni pubblicate su tali report avrebbero dovuto essere certificate da revisori esterni esattamente come capita per i bilanci finanziari con i revisori dei conti. 

Prima di tutto chiariamo che cos’è effettivamente un Bilancio di Sostenibilità. Consiglio di guardarne uno su Google per vedere con i propri occhi cosa viene richiesto concretamente dalla CSRD originale. È giusto sottolineare il parallelismo tra il Bilancio di Sostenibilità e quello finanziario che tutti ben conosciamo. Il CFO, l’ufficio accounting e il commercialista sanno giustamente collocare ogni investimento e progetto aziendale sui conti economici e stati patrimoniali di un’azienda. Tutti conosciamo infatti molto bene il linguaggio finanziario che permette la valorizzazione economica di un investimento: la “Lingua dei costi e ricavi, passività e attività” la conosciamo bene tutti. Ciò che invece si conosce molto meno è il linguaggio che sta alla base di un Bilancio di Sostenibilità, dove oltre alla valorizzazione economica di un progetto, si fa anche quella ambientale e sociale. Quando si installa un nuovo ERP o MES in azienda, il suo impatto economico è ben noto, ma il suo impatto ambientale o sociale lo sono altrettanto? La risposta è NO. Il primo è valorizzato in euro, il secondo? 

Come si può vedere nella figura sottostante tra gli obiettivi di un buon bilancio finanziario ci sono l’utile e la positività dei flussi di cassa, mentre in un bilancio di sostenibilità quando si parla di obiettivi si intendono gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030. 

A forza di parlare con i commercialisti molte PMI sanno che esistono diverse riclassificazioni del proprio conto economico, ma quasi nessuna conosce invece la struttura di un bilancio di sostenibilità. Lo standard di rendicontazione più diffuso al mondo per la rendicontazione di sostenibilità è il GRI, Global Reporting Initiative, che è quello che vedrete usato sulle reportistiche che potete trovare sui siti di ogni grande azienda nella sezione dedicata alla sostenibilità.

Con la CSRD invece, avrebbe dovuto adottare un nuovo standard di rendicontazione, definito dal gruppo EFRAG, come ESRS, European Sustainability Reporting Standards. È facile pensare che soprattutto per le PMI, la redazione di una reportistica di sostenibilità avrebbe potuto tradursi solamente in costi aggiuntivi, in termini di formazione per il personale, consulenti esterni, revisori e tanto stress e burocrazia per far fronte a 12 standard ESRS, ognuno di questi associato a 15-20 requisiti di divulgazione. Gli ESRS infatti, definiscono la struttura di un bilancio di sostenibilità e delineano la tipologia e mole di informazioni che vanno riportate su esso, permettendo di creare un documento super completo che mostra il valore a 360° di un’impresa.

12 ESRS si dividono in:

  1. Cross-cutting: ESRS 1 (Requisiti generali), ESRS 2 (Informazioni generali – unico obbligatorio per tutte le imprese)
  2. Ambientali: E1 (Cambiamenti climatici), E2 (Inquinamento), E3 (Risorse idriche e marine), E4 (Biodiversità e servizi ecosistemici), E5 (Uso delle risorse e economia circolare)
  3. Sociali: S1 (Forza lavoro propria), S2 (Lavoratori nella catena del valore), S3 (Comunità interessate), S4 (Consumatori e utenti finali)
  4. Governance: G1 (Condotta aziendale) 

CSDDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directive): estendere la due diligence all’intera catena del valore

La Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D), ufficialmente nota come Direttiva (UE) 2024/1760, è una normativa europea adottata nel 2024 che sposta il focus dagli impatti ambientali e sociali della singola azienda a quello dell’intera filiera. Mentre la CSRD definiva uno standard di rendicontazione degli impatti positivi e negativi aziendali, questa direttiva si estende non solo alle attività dirette dell’azienda, ma anche alle sue controllate e ai partner commerciali nella catena del valore, sia a monte che a valle. Di preciso, impone azioni concrete per gestire e mitigare gli impatti negativi.

 

 

Impatto della riforma Omnibus sulla rendicontazione di sostenibilità per le imprese 

Il 26 Febbraio 2025 sul sito ufficiale dell’Unione Europea  viene pubblicato il testo di un pool di riforme a queste normative chiamato Pacchetto Omnibus che ha generato dibattito. Alcuni l’hanno definito come un passo indietro dell’UE in termini di rendicontazione di sostenibilità, in termini di standardizzazione e validità delle informazioni sulla sostenibilità fornite da un’azienda. Per altri è stato invece un sollievo e per altri ancora un nuovo nome senza un significato concreto.

 

 

Questo pacchetto di riforme ha alzato l’asticella delle aziende interessate da queste normative, lasciando l’obbligo rendicontativo solo alle aziende con più di 1000 dipendenti e limitando anche le informazioni che queste ultime possono chiedere ai loro fornitori. Rimane ovviamente la possibilità di redigere dei report di sostenibilità anche per le imprese più piccole, ma usando un framework molto più snello che non è quello degli ESRS, ma dei VSME, che non include 12 standard, ma uno soltanto con molte meno richieste di divulgazione.

Sostenibilità aziendale: vantaggi e sfide delle nuove normative CSRD e CS3D

Mettiamo nero su bianco pro e contro di queste normative e relative riforme.

PRO:

  • Competitività della catena del valore: Redigere un report di sostenibilità per una PMI significa migliorare la propria competitività come fornitore, mettendosi in luce con i componenti della filiera che già parlano questa lingua, diventando loro partner preferenziali. Secondo la CSRD originale, non vi era un limite alla quantità di informazioni che un grande cliente poteva chiedere ai fornitori più piccoli per compilare la propria reportistica di sostenibilità, Omnibus ha invece introdotto un Value Chain Cap, cioè un limite a una mole di richieste che per alcune PMI diventava insostenibile. Ora sarà possibile richiedere solo le informazioni previste dallo standard più snello e accessibile VSME.
  • Accesso al credito agevolato e finanza sostenibile: Agevola l’accesso a fondi pubblici e a capitali privati, che premiano trasparenza e gestione dei rischi ESG, dimostrabile in un bilancio di sostenibilità.
  • Trasparenza e reputazione: Un report di sostenibilità è l’unico documento in cui un’azienda riesce a valorizzare il valore integrato (economico, ambientale e sociale) delle sue attività, aumentando la trasparenza delle informazioni fornite a ogni tipologia di stakeholder 
  • Efficienza operativa: La raccolta dati per la CSRD aiuta a identificare inefficienze (es. sprechi energetici, problemi di sicurezza, rischi nella supply chain) e a identificare quali dati sono importanti da raccogliere per ogni processo produttivo.

 

CRITICITÀ (mitigate in parte da Omnibus):

  • Costi e tempi di adeguamento: la CSRD basata sugli standard degli ESRS, per come era stata pensata avrebbe richiesto tempo e competenze specifiche per raccogliere, gestire e validare i dati ESG soprattutto alle PMI. Omnibus ha invece introdotto una semplificazione notevole della rendicontazione, il framework VSME ha infatti molti meno indicatori. La CSRD per la sua difficoltà intrinseca imponeva alle piccole aziende di avere consulenti esterni per redigere report conformi alla direttiva obbligatoria. Con le semplificazioni introdotte da Omnibus una buona formazione e responsabilizzazione delle risorse interne può rendere le aziende autonome nella redazione di un report di sostenibilità. Sul mercato si stanno proponendo sempre più software che aiutano le risorse interne a fare ciò in maniera snella. 
  • Esposizione a controlli e trasparenza: la CSRD imponeva il controllo del bilancio da parte di un revisore esterno, aumentando costi e rischi per le aziende più piccole, il pacchetto Omnibus non prevede invece una revisione esterna. 
  • Obbligatorietà e standardizzazione: l’obbligatorietà delle due direttive costringeva di conseguenza tutte le aziende destinare una quota parte del budget a formazione, consulenza e ricerca di informazione, grazie a Omnibus si stima un 80% di risparmio per le PMI in tal senso. D’altra parte la diminuzione delle aziende obbligate alla rendicontazione potrebbe comportare una minore disponibilità di dati ESG, ostacolando la trasparenza e la comparabilità delle informazioni. L’alleggerimento delle richieste di rendicontazione rischia di ridurre la standardizzazione nelle rendicontazioni di sostenibilità diminuendo quindi la comparabilità di queste ultime e il loro valore di fronte a enti bancari e assicurativi che si avvalgono di rating ESG per assegnare il costo del debito. 

Oltre gli obblighi: come la sostenibilità (CSRD, CS3D) diventa una leva per la competitività aziendale

Il pacchetto Omnibus rappresenta un tentativo di bilanciare le esigenze di competitività delle imprese europee con gli ambiziosi obiettivi di sostenibilità dell’UE. Non è infatti un pacchetto di riforme stand alone, ma è inserito in un piano strategico europeo pubblicato il 29 gennaio 2025, chiamato Bussola per la Competitività. Tale piano è stato lanciato dalla UE a fronte dei forti cambiamenti geopolitici degli ultimi mesi per supportare la competitività delle imprese europee, non facendo pesare temi che devono essere alla base della creazione di un vantaggio competitivo, come la sostenibilità, sul costo dei prodotti forniti al mercato. Ciò genererebbe infatti l’effetto contrario, significherebbe non essere competitivi rispetto i prodotti del resto del mondo. 

Questo piano si struttura su 3 aree di intervento:

  • colmare il divario di innovazione,
  • integrare politiche di decarbonizzazione con quelle industriali
  • aumentare la sicurezza.

Inoltre, sono presenti 5 attivatori trasversali, tra cui la semplificazione degli oneri normativi e amministrativi, tra questi attivatori è classificato il Pacchetto Omnibus. Ciò dimostra che quest’ultimo è stato creato per semplificare e aumentare l’accessibilità della CSRD e della CS3D, in modo che possano portare benefici concreti alle aziende che le adottano volontariamente, permettendo loro di affermarsi sul mercato e non di vedere i propri costi di produzione aumentare ulteriormente. 

 

Il vantaggio competitivo di domani si inizia a costruire oggi, fai come i partner del DIHP, informati e cogli le opportunità del Puzzle di Sostenibilità! 

Costruisci un vantaggio competitivo sostenibile.

  

Articolo di: Elena Di Donato

 

Il DIHP e la partecipazione di Unione Industriale Biellese

Il Digital Innovation Hub Piemonte e Valle D'Aosta (DIHP) è un "centro di trasferimento tecnologico" creato per supportare la trasformazione digitale delle imprese delle due regioni, in particolare le PMI, e la Pubblica Amministrazione. L'obiettivo è aumentare la consapevolezza e la comprensione delle sfide digitali, guidando le aziende nell'elaborazione dei loro piani di digitalizzazione e fornendo servizi di mentoring e supporto. Collaborano con università, centri di ricerca e aziende leader per promuovere l'innovazione tecnologica. L' Unione Industriale Biellese partecipa al DIHP offrendo supporto alle aziende locali per avviare strategie di digitalizzazione, accedere a finanziamenti e migliorare la loro maturità digitale attraverso valutazioni e consulenze specializzate.

 

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