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News - 26/06/2014

1864-2014/ 150 anni di industria, industriali e società nel Biellese

1936
L’Italia intera avrebbe guardato a Biella per le celebrazioni del primo secolo di vita dei Bersaglieri fondati dal generale Alessandro La Marmora nel 1836. Fu il Fascio di Combattimento cittadino a lanciare l’idea di una grande mostra sul tessile, per far conoscere alla Nazione la tradizione manifatturiera, la capacità produttiva e l’eccellenza qualitativa raggiunte nel Biellese nel momento in cui il venerato modello inglese non era più così irraggiungibile. Oltre alle parate di corsa dei “fanti piumati” e alla retorica militaresca, Biella, in quella primavera inoltrata, ospitò allora la “Prima Mostra Laniera Biellese”. L’on. Leone Garbaccio, industriale e leader fascista locale, cercò e ottenne il sostegno organizzativo dell’Associazione Italiana dell’Industria Laniera, che aveva sede a Biella. L’incarico tecnico dell’allestimento della mostra fu quindi assegnato ad Armando Comez, direttore del Bollettino della Laniera. All'interno della struttura espositiva, ricavata tra il Teatro Sociale e il Liceo cittadino, fu messa in azione anche una ricostruzione di un lanificio triverese del XVII secolo. L'iniziativa fu del cav. Ermenegildo Zegna che fornì un opificio storico perfettamente funzionante con macchine movimentate dalla forza dell'acqua, utensili d'epoca e figuranti in costume. Questo angolo della mostra fu un successo nel successo e, per certi versi e pur con tutte le forzature del caso, si può intendere quel "tributo" alle antiche origini della protoindustria biellese come un primo esempio di archeologia industriale o, almeno, di recupero della cultura/memoria materiale.


1937

Un gruppo di industriali e di liberi professionisti fonda il Rotary Club di Biella. I soci fondatori, riunitisi presso il Circolo Sociale, furono diciannove e, tra questi, gli imprenditori il comm. Eligio Barbisio (abbigliamento-cappelli), il comm. Guglielmo Buratti (importazione materie prime tessili), il comm. Mario Converso (filatura, in particolare lana pettinata), l'ing. cav. Alberto Fogliano (energia elettrica), l'on. cav. Leone Garbaccio (industria tessile laniera, eletto presidente), il cav. Edoardo Garlanda (trasporti, ferrovie private), Leopoldo Halenke (rappresentanze case laniere), il cav. comm. Oreste Rivetti (industria tessile laniera), il cav. rag. Emanuele Segrè (consulente finanziario e industriale, nominato segretario), il dott. Andrea Sella (energia elettrica), il dott. Giuseppe Serralunga (conceria, eletto vicepresidente), dott. comm. Andrea Vinaj (industria turistica e termale). L'anno seguente, per disposizione governativa, il Rotary Club di Biella (come tutti gli altri in Italia) fu sciolto. Ma nel frattempo si erano iscritti altri uomini d'industria: i lanieri comm. Silvio Bozzalla, comm. Ermanno Rivetti, Marco Montaldi e comm. Ermenegildo Zegna. Con loro il cotoniere cav. Filippo Poma e il comm. Gaspare Mosca titolare della storica ferramenta. Il club si ricostituì nel 1948 e si aggiunsero subito altri soci industriali: Pierino Tallia, Silvio Cerruti, Adolfo Fila, Ferdinando Buratti, Augusto Osella, Lucio Gino Zanon, Guido Alberto Rivetti, Giuseppe Valetto (direttore dell'U.I.B.), Eligio Botto, Rodolfo Caraccio, Fedele Avandero, Angelo Chiorino.


1938

L’architetto Nicola Mosso (Graglia 1899 – Torino 1986) fu incaricato di edificare la sede della “Unione Fascista degli Industriali” biellesi nel 1938, anche e soprattutto in vista della visita del Duce nel Biellese, e lo stabile fu completato in pochi mesi (inizio cantiere 26 maggio, consegna 31 ottobre). Gli imprenditori biellesi dovevano dotarsi di “un edificio degno di ospitare la sede direttiva delle dinamiche forze industriali del Biellese fascista”, ma non concessero al progettista margini di manovra troppo ampi. Il terreno sul quale sorse la struttura presentava “una forma molto allungata versoi la via Piave, di secondaria importanza, e assai ristretta verso la principale via Torino. Per necessità urbanistiche, l’ingresso principale doveva essere da quest’ultima parte e, di conseguenza, anche il prospetto architettonicamente più importante”. Per l’architetto Mosso si trattava di risolvere il problema di conferire al complesso la voluta enfasi pur dovendo agire in spazi angusti e “soltanto la razionale ubicazione dei locali in perfetto accordo colle esigenze ritmiche esterne, di masse e di vuoti, potevano risolvere felicemente il compito architettonico”. Il risultato soddisfò la committenza, anche dal punto di vista delle finiture. Pietra chiara di San Germano della vicentina Val Liona all’esterno (anche i due altorilievi allegorici di Antonio Zucconi sono di pietra vicentina, ma di San Gottardo di Zovencedo), così come da Chiampo (Vicenza) provenivano i marmi di rivestimento. Due artisti torinesi, Mario Gamero e Piero Fervelli, il primo per il mosaico della sala consigliare, il secondo per il “Duce in facciata” (poi rimosso), decorarono la “fabbrica” edificata dall’Impresa Bassotto Orologet di Biella.

 

 

 

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