News - 09/10/2014
1978
L'iniziativa merita un cinegiornale dell'Istituto LUCE. Nel breve documentario, girato il 31 ottobre e inserito nella serie "Obbiettivo sulla cronaca", lo speaker annunciava che: "in tema d'avanguardia imprenditoriale, un esempio lo offre la Tessitura Fratelli Botto che, all'insegna dell'ecologia e dei problemi energetici, ha adottato il sistema dei pannelli solari". L'idea attuata nel lanificio di Miagliano, si guadagnò anche l'attenzione dei giornali locali che parlarono di "futuro già cominciato" e di "fabbrica che va da sola". Scriveva Corradino Pretti: "Munito di centrale elettrica a "carbone bianco", in particolari condizioni lo stabilimento è in pratica autosufficiente, ma i risparmi realizzati in campo energetico da questo lanificio prescindono da tale situazione: 30% in meno di energia elettrica, diminuzione di oltre la metà del consumo sia di combustibile che di acqua per usi tecnologici. Un'operazione che investe tutti i processi produttivi". L'azienda, che occupava 200 dipendenti, aveva investito soprattutto in quella innovativa soluzione per la produzione di energia che, sfruttando il sole, avrebbe dimezzato l'impiego del combustibile in sette anni. L'allora diretto tecnico della Tessitura Fratelli Botto, il perito industriale Giorgio Cinguino, descrisse così l'evoluzione della filosofia aziendale: "abbiamo scoperto semplicemente che analisi approfondite dei sistemi e dei metodi di utilizzazione e di recupero delle varie fonti energetiche danno risultati notevolissimi, vantaggi che vanno addirittura al di là delle aspettative". La testimonianza di quella svolta virtuosa è ancora più interessante se si considera la generalità dell'acquisizione condivisa di una coscienza ecologica: "il personale dipendente, interessato e sensibilizzato sulla necessità del risparmio energetico, ha dato una piena ed indispensabile collaborazione, senza la quale certi risultati non sarebbero stati possibili".
1979
Il Biellese industriale si affaccia sugli anni Ottanta con luci e ombre nuove e vecchie. Da un lato difficoltà amministrative e logistiche per interagire col mondo, dall'altro la prospettiva di un mercato più esteso da affrontare con una coscienza diversa del made in Biella. Chi si occupava di trasporti, come Cesare Mello, lamentava lo stato delle cose dal punto di vista doganale. L'ufficio di dogana di Biella era stato istituito nel 1948, ma sussistevano alcune problematiche: "i servizi della dogana biellese sono purtroppo carenti in relazione all'enorme mole di affari che interessa la zona. Il carattere delle grandi dogane è quello di disporre di spazi doganali in cui si lavora tutto il giorno, mentre a Biella, se un carico arriva nel pomeriggio, è necessario attendere fino al mattino successivo per potere espletare le pratiche burocratiche relative; e si finisce così col perdere una giornata". E' pur vero che, malgrado non fosse allora capoluogo di provincia, Biella era già dotata di dogana al contrario di Vercelli che era, invece, il capoluogo della provincia di cui il Biellese faceva parte ed era (è) molto più servita da grandi vie di comunicazioni. L'imprenditore laniero Oreste Boggio Casero offriva una visione più ampia e, per certi versi, ottimistica: "per strano che possa sembrare, più la considerazione internazionale del nostro Paese scende, più si rafforza nel campo dell'alta moda l'immagine Italia: potremmo osservare che, se una volta l'Italia era grande nelle lettere e nelle arti figurative, oggi dà il meglio di se stessa in quei campi in cui l'estro è più importante dell'organizzazione, ad ogni livello, primo tra tutti il "design". L'industria tessile biellese che ha caratteristiche di produzione artigianale, date che non può fruire di grossi processi di automazione, vede migliorare le sue posizioni, specie per quanto riguarda il prodotto fine e finissimo".
1980
Esce "Made in Biella". Direttore responsabile: Ezio Greggio. Sul numero 1 di quell'anno 1° fu pubblicato un articolo-intervista incentrato sulla nascente "Città degli Studi Tessili". Alcune domande furono poste all'allora presidente degli industriali piemontesi, Giorgio Frignani, che ricopriva anche la carica di vicepresidente della stessa "Città degli Studi Tessili". Le risposte date configuravano un'istituzione didattica di respiro continentale, allo stesso livello di vertice occupato dall'industria tessile biellese. "Risponderemo anzitutto a tre esigenze prioritarie: la prima è sostenere con qualificati contributi di ricerca e sperimentazione tecnologica, un settore vitale per l'economia italiana come il tessile [...] La seconda esigenza riguarda lo stretto collegamento in un unico complesso integrato ed è la filosofia di fondo della Città Studi - della ricerca applicata, di quella pura, dell'addestramento di tecnici e personale qualificato ai vari livelli e inoltre della produzione sperimentale in scala adeguata [...] Il terzo elemento, è il Centro di Ricerche sperimentali tessili, il cui progetto e gestione è in stretta collaborazione con il Centro Nazionale delle Ricerche. Il Ministero della Ricerca Scientifica e il Presidente del CNR hanno definito con noi a fine febbraio 1980, l'accordo per la sua sollecita costruzione". Un "Istituto di Ricerca Laniera" era già nato nel 1960, in convenzione con lo stesso CNR, per volontà dell'industriale Oreste Rivetti e la "Città degli Studi" rappresentò la realizzazione di un progetto di preparazione e qualificazione professionale, tecnica e scientifica per gli operatori tessili che il Biellese industriale aveva avviato già nell'Ottocento. L'idea di una "città degli studi" si era invece manifestata in seno all'Unione Industriale Biellese sin dal 1971.