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News - 06/02/2014

1864-2014/ 150 anni di industria, industriali e società nel Biellese

1876
Uno dei nemici dell’industria biellese fu il fuoco. Come le disastrose alluvioni dell’ultimo secolo e mezzo, gli incendi provocarono danni ingenti, quando non la totale rovina, per grandi e piccole imprese. Nel 1868 il Lanificio del Fratelli Galoppo fu completamente distrutto dalle fiamme (e dagli improvvidi tentativi di spegnerle), nel 1882 è la volta del Lanificio Fratelli Piacenza a Pollone, nel 1895 il Lanificio Felice Lora Totino di Pray subì la stessa sorte e si contano a decine i roghi nelle manifatture biellesi, tessili e non. Dolo, fatalità, caratteristiche architettoniche e limiti strutturali, infiammabilità dei materiali lavorati, scarsissima opera di prevenzione e nessun sistema di spegnimento adeguato creavano le condizioni per eventi devastanti, come quello che il 20 marzo 1876 bruciò lo stabilimento del Lanificio Rosazza Agostinetti Ferrua di Tollegno. In quel caso, la disperata collaborazione tra padroni, impiegati e operai, e la copertura assicurativa della RAS Riunione Adriatica di Sicurtà scongiurarono una tragedia umana, economica e sociale. In pochi mesi la fabbrica riprese la produzione.

 

1877
E’ l’anno del grande sciopero della Vallestrona. Dopo mesi di tensione tra imprenditori e operai in ordine alle condizioni di lavoro e ai salari, le maestranze disertarono gli opifici in una situazione di scontro frontale senza precedenti e senza che le parti potessero risolvere altrimenti la vertenza. Stando alle testimonianze di allora, gli industriali della zona, riunitisi nella “Società dei fabbricanti di Pannilana della Valle del torrente Strona” (costituita in Valle Inferiore Mosso il 30 gennaio 1876), vollero applicare più severi regolamenti di fabbrica e si opposero con eccessiva fermezza, anzi addirittura con spavalderia, agli scioperanti che, dal canto loro, sfruttavano senza remore il potere di bloccare la produzione astenendosi dal lavoro “come erano soliti fare per faccende molto meno importanti”. L’arrivo di 400 “crumiri” lombardi reclutati da alcuni “padroni” per sostituire i mossesi che avevano incrociato le braccia fu l’episodio culminante: la sera del 21 agosto 1877, poco fuori Valle Mosso, volarono parole grosse, qualche bastonata e un paio di sassate. Tanto bastò per far arrestare mezza dozzina di agitatori (subito rilasciati), far sciogliere la Società dei Tessitori di Crocemosso “con sequestro della bandiera” (poi ricostituita) e far rischiare sul serio il domicilio coatto a una settantina di “istigatori e responsabili”. L’autorevolezza del parroco-sindaco don Giovanni Battista Rivetti, schieratosi a difesa dei suoi paesani “teste calde”, e i buoni uffici di Quintino Sella, contrario alle misure repressive, scongiurarono più gravi conseguenze e quella stagione si chiuse con una “vittoria” per i lavoratori che ottennero, sul momento, di non veder applicate nuove e più dure regole di lavoro.

 

1878
Eretta in ente morale con Regio Decreto 3 marzo 1878, entra in attività l’Opera Pia Fondazione La Marmora. Voluta dal generale Alfonso Ferrero della Marmora (deceduto due mesi prima), l’istituzione benefica, per statuto, doveva occuparsi “degli Operai ed Artieri poveri del Comune di Biella e del suo Circondario vittime del lavoro”. Il preciso riferimento identificava un ambito specifico, quello delle maestranze operaie e artigiane, che aveva assunto particolare valenza nel contesto sociale di Biella e del Biellese di fine Ottocento caratterizzato dall’ormai affermata attività produttiva industriale, specialmente tessile. L’assistenza ai lavoratori temporaneamente inabili perché infortunati o ai loro congiunti in caso di invalidità permanente o di decesso era uno dei compiti assunti dalle società di mutuo soccorso, ma il numero delle vittime era sicuramente troppo alto perché l’impegno dei sodalizi operai potesse farvi efficacemente fronte. E, in ogni caso, non poteva riguardare coloro che non erano iscritti alle società di mutuo soccorso (anche perché non in tutte le comunità biellesi erano state istituite). L’intento di Alfonso La Marmora andava perciò a cercare di colmare una grave lacuna che le pubbliche istituzioni di allora non erano né particolarmente interessate né oggettivamente in condizione di affrontare.
 

Sito di provenienza: Unione Industriale Biellese - https://www.ui.biella.it